venerdì 6 aprile 2007

LA MEDIAZIONE SCOLASTICA COME ATTIVATORE DEL COMPORTAMENTO PROSOCIALE

Luca Orazzo

Mediatore AIMS Ecopsys - Napoli


Gli studi sul comportamento prosociale comprendono ricerche sull’altruismo, sul comportamento d’aiuto, di cooperazione e di riguardo verso gli altri; tutti comportamenti intesi come azioni volte al fine di proteggere, favorire o mantenere il benessere di un determinato soggetto sociale. Implicito in tale descrizione è un ulteriore uso del termine “prosociale” inteso come capacità cognitiva nei confronti dell’altro: tendenza, cioè, a percepire i bisogni dell’altro, ad assumerne le prospettive, a viverne le emozioni e a reagire emotivamente in congruenza con la situazione.
La categoria “prosociale” può quindi essere applicata non soltanto a comportamenti singoli, ma anche a forme stabili di relazione nel contesto sociale. E’ apparso subito chiaro agli studiosi (D. Bar Tal, 1977, P. Mussen, N. Eisenberg-Berg, 1977, J. Reykowski, 1980, 1982, 1985; E. Staub, 1978, 1978; G. Villone Betocchi, 1985, 1990 ecc.) che hanno tentato in tempi recenti dei lavori di sintesi sui molti contributi della letteratura in proposito, che con il termine “prosociale” si coprono praticamente tutti i comportamenti che non siano di antagonismo, o di danneggiamento, aggressivi o distruttivi addirittura. E’ alla luce di questa considerazione che Staub preferisce chiamare il comportamento prosociale: comportamento sociale positivo.
Inoltre la vastità del campo di studio rende praticamente impossibile trovare delle variabili che non siano, più o meno direttamente correlate al fenomeno prosociale. Come osserva Reykowski, il comportamento prosociale, in quanto forma di comportamento sociale, è controllato da un complesso sistema regolatore nel quale l’intervento di qualsiasi fattore che possa mutare lo stato del sistema può influenzare le sue funzioni regolatrici, compreso, quindi, il comportamento prosociale (Reykowski, 1982).
Nella convinzione che l’insegnamento delle tecniche mediative, in forma prettamente esperenziale, contribuisca allo generarsi di una cultura della mediazione e che questa possa intendersi come spazio per comprendere le ragioni dell’altro e mettersi nei panni dell’altro in termini cognitivi ed emotivi, abbiamo ritenuto opportuno misurare, attraverso questionari standardizzati, l’eventuale correlazione tra l’acquisizione della cultura mediativa e l’implementazione del comportamento prosociale.
La nostra ricerca, pertanto, ha provato a verificare se, nei soggetti che avevano partecipato ad un protocollo esperenziale di mediazione sistemica, si sia determinato un atteggiamento di disponibilità ad un comportamento prosociale maggiore rispetto a quei soggetti che invece non avevano partecipato al protocollo di mediazione.


La misurazione del comportamentoprosociale




L’ipotesi della ricerca
Abbiamo formulato l’ipotesi che attraverso una migliore gestione della conflittualità all’interno del sistema scolastico tra i singoli alunni e tra gli alunni ed i docenti, sia possibile facilitare un incremento della capacità di “mettersi nei panni di” ed in questo senso aumentare la tendenza al comportamento prosociale. Ed in modo particolare abbiamo supposto che l’esperienza diretta di tecniche mediative possa essere correlata positivamente con una maggiore disponibilità all’aiuto in un compito ecologicamente valido. Abbiamo ritenuto, infatti, che solo una situazione congrua con i valori significativi per l’età adolescenziale potesse offrirci un parametro valido rispetto alla misura di quello che è un comportamento in ogni caso di tipo “morale”.

I soggetti
I soggetti che hanno partecipato alla ricerca sul comportamento prosociale sono stati 176 di cui 96 femmine e 80 maschi. L’età risulta compresa tra gli 11 ed i 13 anni.
Dei soggetti studiati 5 sono stranieri, di cui 1 europeo e 4 extracomunitari. I soggetti hanno lavorato durante le ore di lezione, sia in presenza sia in assenza dei docenti. La ricerca è stata condotta in sei classi seconde medie, scelte in modo randomizzato. In ogni caso tutte le classi della scuola parteciperanno al progetto. Pertanto la ricerca va da considerarsi assolutamente ancora in corso.

Disegno sperimentale
A ciascun soggetto, in ciascuna classe, è stato somministrato un questionario di misura del comportamento prosociale sulla base del lavoro di Bar Tal (1978), e tarato in Italia da Oneroso e Villone Betocchi (1987).
Il questionario prevede due situazioni e due condizioni. Le due situazioni prevedono:

  1. che un amico, per accompagnare il protagonista ad un’importante gara sportiva, debba rinunciare ad incontrare una persona affettivamente importante per lui (situazione 1);
  2. che un amico, per accompagnare il protagonista ad un’importante gara sportiva, debba rinunciare ad un importante appuntamento di lavoro (situazione 2);


Le condizioni da esaminare sono anch’esse due:
A L’amico fornisce l’aiuto al protagonista;
B L’amico non fornisce l’aiuto al protagonista.

Lo stesso questionario è stato compilato prima della fase di sensibilizzazione del processo di mediazione e dopo la conclusione del processo di mediazione (n. 1 settimana dopo).
Abbiamo quindi misurato le differenze registrate tra il test pre sensibilizzazione e pre esperienza di mediazione ed il retest effettuato dopo la sensibilizzazione e l’esperienza di mediazione, anche valutando l’incidenza della variabile “importanza del compito”, relativa alla situazione 2 e della variabile sesso.

Lo strumento di misura
A ciascun studente è stato consegnato un ciclostilato nel quale viene chiesto di mettersi nei panni del protagonista della storia. La storia riguarda uno studente che deve recarsi ad un appuntamento per un’importante gara sportiva e che, privo di mezzi di trasporto e interessato a non perdere la gara, si rivolge ad un amico per chiedere un passaggio.
Il protagonista chiede un passaggio ad un amico/a che dispone di un’auto ma che per accompagnarlo deve rinunciare ad incontrare il/a proprio/a partner, che non vede da una settimana. (Situazione a)
Il protagonista chiede un passaggio ad un amico/a che dispone di un’auto ma che per accompagnarlo deve rinunciare ad un importante appuntamento. (Situazione b).
Per ciascuna situazione ai soggetti vengono prospettate due possibilità: l’amico fornisce l’aiuto richiesto (condizione a); l’amico non fornisce l’aiuto richiesto (condizione b).
Le istruzioni dell’esperimento richiedono che il soggetto si metta nei panni del protagonista nelle due situazioni prospettate rispondendo alle domande poste nel ciclostilato, relative a ciascuna situazione e a ciascuna condizione, nell’ambito della situazione esaminata.
Le domande riguardano una scala bipolare di sette punti attraverso la quale si chiede, sia nella condizione A sia in quella B, quanto, secondo il soggetto, la persona interpellata fosse ritenuta “in dovere” di fornire l’aiuto richiesto; una scala di sette punti con la quale si chiede, nella condizione d’aiuto, quanto si senta grata e quanto, nella condizione di non aiuto, si senta risentita.
Infine ai soggetti sono state poste due tipi di domande aperte per ciascuna condizione:
- in condizione a) perché l’amico fornisce l’aiuto e quali i sentimenti del soggetto nei suoi riguardi;
- in condizione b) perché l’amico non fornisce l’aiuto richiesto e quali i sentimenti del soggetto nei suoi riguardi;
Le risposte alle domande aperte sono state raccolte in categorie.

L’elaborazione dei dati
L’elaborazione dei dati sin qui acquisiti ha tenuto conto della variabile sesso in ciascuna delle due condizioni. I dati sono stati elaborati ricorrendo al test di significatività del c2 e abbiamo costruito le tabelle relative ai risultati significativi per p<.05.
Rispetto allo stato di avanzamento della ricerca abbiamo costruito le tabelle secondo la variabile sesso ed all’interno delle due situazioni.

Discussione
Dai dati fin qui esaminati, possiamo osservare che lo svolgimento di esperienze di mediazione determina un incremento della tendenza ad aspettarsi aiuto, nel ruolo di protagonista, (x2 = 15.31; df = 3; p <.005), un aumento del sentirsi “vicino” all’amico che presta aiuto (x2 = 16.22; df = 3;
p <.005), ed un incremento della “delusione” rispetto all’aiuto non offerto (x2 = 16.18;
df = 3; p <.005), nella situazione a).
Questi incrementi sono registrati anche nella situazione b), sebbene in misura meno marcata. Viene in tal senso sviluppato dai soggetti un ragionamento morale che considera più irrinunciabile l’impegno di un appuntamento di lavoro, rispetto a quello di un appuntamento sentimentale.
E’ altresì interessante osservare che tali aumenti dell’atteggiamento prosociale sono stati riscontrati dopo una settimana dall’esperienza di mediazione, consentendo, quindi, l’ipotesi che la “cultura mediativa” ed il conseguente incremento di una disponibilità prosociale possano attecchire in modo stabile nei soggetti studiati.
In questo senso sarebbe auspicabile una ripetizione dei test anche a tempi più lunghi (un mese – sei mesi – un anno) permettendo in questo modo una verifica più longitudinale dell’ipotesi della nostra ricerca.
Ancora in accordo con quanto da noi atteso l’incidenza della variabile sesso sembra non essere particolarmente significativa: sebbene più ridotto che nelle femmine l’incremento delle attese di sostegno di aiuto e di vicinanza emotiva all’amico che presta aiuto è significativo anche nei maschi sebbene in misura lievemente ridotta rispetto alle femmine.



Conclusioni
Il lavoro sin qui svolto sembra essere in accordo con la letteratura (Graham, Cline, 1989, Burrel, Vogl, 1990, Lieberfeld, 1994).
Inoltre possiamo, in accordo con Gentry e Beneson (1992, 1993) ipotizzare che il descritto effetto “peace virus”, la possibilità, cioè, di trasferire delle competenze acquisite a scuola alle modalità di soluzione pacifica dei conflitti all’interno di altri ambienti, sia basato proprio su un aumento della tendenza prosociale. Questo depone sempre più verso un valore non solo tecnico della mediazione scolastica ma anche e soprattutto culturale e stimolante comportamenti cooperativi, a sfavore di quelli agonistici-competitivi.
Speriamo che dalla prossima elaborazione degli ulteriori dati sia possibile verificare l’attendibilità delle nostre ipotesi. Mancano ancora alla nostra ricerca altri 180 studenti sempre di classe seconda media dello stesso istituto.