venerdì 6 aprile 2007

SE LA SINERGIA NON È UN’UTOPIA - Le strategie e i contesti della Mediazione Scolastica

Maria de Laurentis, Carmela Illibato, M. Rosaria Menafro, Crescenzio Messina


Istituto di Terapia Familiare di Napoli


L’esperienza presentata in questo lavoro è l’elaborazione di un intervento di mediazione scolastica, condotto dall’équipe dell’Istituto di Terapia Familiare di Napoli in un Servizio pubblico di Consulenza
e Mediazione Familiare Sistemica attivato dall’Istituto in convenzione
con un Comune della provincia di Napoli, iniziativa pionieristica in questo
settore, caratterizzata quindi dal confluire di una serie sia di vantaggi
che di difficoltà che connotano l’impatto con il «nuovo» (Six
1990).

Il caso descritto si riferisce ad utenti del Servizio ed è stato scelto
perché esemplificativo di un particolare ambito di intervento del mediatore:
la conflittualità tra scuola, famiglia e Servizi Sociali.

Prima di addentrarci nella presentazione del caso specifico è necessario
fare due precisazioni di contesto: il tipo di servizio nel quale operiamo
e il modello teorico di riferimento (Menafro 1998).

La peculiarità del servizio attivato dall’ITF in convenzione con
il Comune di Torre del Greco, consiste nell’essere riusciti a riproporre
in un contesto pubblico le modalità e il rigore metodologico del
contesto privato, sia nella conduzione del servizio, quindi degli interventi
di consulenza e mediazione, che nei rapporti con gli altri servizi operanti
sul territorio (Servizi sociali, Tribunale, Scuola, Asl).

Con le istituzioni, infatti, è stato costantemente sollecitato e
mantenuto un dialogo aperto ed un confronto sui casi in carico, al fine
di un lavoro basato su progetti condivisi che tendano ad unificare gli
interventi e ad evitare lo scollegamento operativo per nulla coerente con
il nostro modello teorico di riferimento (Ruggiero 1997).

Il modello di riferimento è l’ottica sistemica che, consentendo
di vedere le cose collegate, l’individuo nel suo contesto, la storia in
una prospettiva trigenerazionale, fornisce un bagaglio di strumenti quanto
mai necessario per orientarsi non solo nelle storie degli utenti, ma nell’intricato
percorso burocratico che tanto spesso caratterizza queste storie, tra carte
bollate, invii a servizi con competenze diverse, interventi specialistici
parcellizzati e per nulla organici.

Richiedere a una istituzione come un Comune, che di per sé ha tempi
operativi lunghi, celerità nelle risposte da dare all’utenza equivale
a ricercare una organicità funzionale per nulla ipotizzabile: un singolo
operatore, senza competenze specifiche, non è in grado di attivare tutte
le energie disponibili per la risoluzione di un caso, se non è lui stesso
l’attivatore.

Il mediatore riveste questa funzione, che però deve essere in grado
di ritagliarsi sul campo dell’intervento stesso (Morin 1993).

Quello che si richiede ad un mediatore formato secondo quest’ottica, è di
mantenere sempre attiva la curiosità di esplorare ogni storia, senza
perdersi nei labirinti della complessità con cui entra in contatto:
immergersi nel sistema in cui si interviene, infatti, è la condizione
imprescindibile per effettuare un lavoro efficace ed incisivo (Andolfi1994).

L’intervento da noi presentato è relativo ad una segnalazione di
una scuola elementare del territorio che ha sottoposto all’attenzione
della nostra équipe il caso di un alunno problematico per il quale sono
stati attivati molteplici interventi da parte delle varie istituzioni: Scuola,
Servizi sociali, Équipe Multidisciplinare dell’Asl di competenza,
coinvolgendo anche il nucleo familiare d’appartenenza.

Le iniziative (insegnanti di sostegno, visita neuropsichiatrica, colloqui
familiari, psicoterapie individuale e familiare), pur avendo prodotto alcuni
miglioramenti, non sono state risolutive perché slegate e non concordate
tra le varie agenzie coinvolte.

L’alunno ci è stato presentato dalle insegnanti di classe e dalla
dirigente scolastica dell’istituto nel corso di una riunione, dove ci è stata
fornita una ricca documentazione (relazioni sul comportamento di Antonio)
inviata dalla scuola alle varie istituzioni competenti.

Antonio, proveniente da un contesto socio-familiare precario (i genitori
separati, il padre tossicodipendente, la madre lavoratrice saltuaria, unico
sostentamento della famiglia) viene descritto come un ragazzino aggressivo,
antisociale, incontrollabile, inserito in una terza elementare dove non
si riesce a trascorrere una normale giornata scolastica. Sin dall’inizio dell’anno scolastico
sono stati realizzati interventi metodologici didattici specifici per il bambino,
e si è anche provveduto ad accompagnarlo a visite specialistiche
accurate, coinvolgendo la madre.

I due punti salienti emersi nel corso di questo primo incontro sono relativi
ad un esaurimento delle risorse disponibili da parte della scuola e ad una
insoddisfazione rispetto ad un dialogo insufficiente con le altre agenzie.

Di certo il mediatore viene inserito in tale contesto soprattutto come
elemento a cui demandare tutte le noie che potrebbero convincere gli altri
operatori ad effettuare un invio all’esterno del contesto di appartenenza
(Smrekar 1994).

Le relazioni dei Servizi Sociali hanno completato il quadro degli interventi
effettuati, in quanto veniva sottolineato che erano state attivate e seguite
tutte le indicazioni riportate nelle relazioni degli specialisti: psicoterapia
individuale per il bambino, invio al Sert del padre, controlli specialistici
periodici, colloqui con la madre

La famiglia di Antonio, al momento la madre, appariva in questa fase piuttosto
confusa e disorientata, disposta a seguire tutte le indicazioni che le provenivano
dai vari operatori coinvolti, anche quelle che non condivideva. Infatti, le
relazioni della scuola e dei servizi sociali sulle decisioni prese dalla signora
erano in parte contrastanti (Cancrini 1994).

Nel momento in cui ci è stato presentato il caso, la richiesta esplicita
della scuola era quella di “convincere” gli altri due sistemi coinvolti,
Servizi Sociali e Famiglia, della indispensabilità di allontanare
Antonio per un breve periodo dal suo nucleo familiare, inserendolo in una
casa famiglia per minori.

Questa soluzione ci veniva presentata come la più funzionale per tutti:
Antonio, in realtà, era proprio il nucleo del conflitto e in quanto
tale nessun accordo poteva essere trovato, se non quello di liberarsi per un
po’ di tempo della causa del conflitto stesso..

Antonio con il suo comportamento aggressivo e provocatorio, amplificatosi
proprio in questa fase, ha forse intuito prima di tutti quanto questa fosse
una “soluzione
finta”, che consentiva agli adulti in gioco di non farsi più carico
di lui, ma di “delegarlo” a qualche altro sistema coinvolto.

Una lettura sistemica della situazione ci ha consentito di individuare i circuiti
comunicativi interrotti tra i vari sistemi coinvolti e tra questi ed Antonio
(Watzlawick et al. 1971).

Quello che impediva una comunicazione in modo funzionale erano i contenuti
diversi sui quali era concentrato ogni singolo sistema:

- la scuola impegnata nell’utilizzare tutte le risorse a sua disposizione
per risolvere il problema emergente della difficile gestione della classe;

- i Servizi Sociali concentrati nell’eseguire le indicazioni e nell’attivare
gli interventi sociali;

- la famiglia incastrata in una logica di colpa e delega continua alle istituzioni
(Cancrini 1984)..

Il nostro intervento ha avuto come presupposto una non accettazione della
delega, in quanto il fine della mediazione non è certamente la risoluzione del
problema dall’esterno, ma quello di creare le condizioni per consentire
agli attori coinvolti di risolverlo da soli.

Come accade nei casi di mediazione tra ex-coniugi, dove l’incontro congiunto
con la coppia è un obiettivo difficile ma raggiungibile con un preciso
lavoro di premediazione.

A causa delle resistenze che vengono attivate dai singoli componenti, anche
in questo caso è stato, per l’appunto, necessario un lavoro
preparatorio prima di coinvolgere contemporaneamente i tre sistemi interessati.

Nel corso degli incontri è stato possibile chiarire: gli elementi
della situazione, le dinamiche che si erano attivate (amplificazione del
comportamento di Antonio confusione sul tipo di decisioni da prendere,
posizioni cronicizzate), le conseguenze delle azioni e reazioni degli uni
e degli altri (Minuchin et Montalvo 1967).

Le strategie utilizzate nel corso dell’intervento sono state:

- la sottrazione alle manovre di triangolazione per non farsi inglobare dai
sistemi coinvolti;

- l’esplicitazione dei vari livelli di comunicazione;

- l’analisi delle risorse e dei limiti di ogni sistema (Andolfi 1994).

L’obiettivo è stato quello di consentire ad ognuno di riappropriarsi
delle proprie competenze specifiche, riequilibrando cosi ruoli e funzioni
degli operatori coinvolti.

Queste manovre hanno prodotto un’apertura dei tre sistemi, da un livello
di competizione in cui venivano riconosciuti i meriti dei propri successi senza
tener conto della responsabilità degli insuccessi, ad un livello
di cooperazione (Folberg et Milne 1988).

In questo clima è stato quindi possibile decodificare i messaggi inviati
in modo criptico da tutti gli operatori coinvolti, e valutare la soluzione
realmente più vantaggiosa per Antonio.

Il primo risultato raggiunto è stato un accordo condiviso sul reinserimento
di Antonio nella sua classe di appartenenza, dove peraltro il bambino ha
anche raggiunto dei risultati didattici sufficienti a consentirgli il passaggio
alla classe successiva.

Questa decisione è stata il frutto di un confronto chiaro e diretto
tra tutti gli operatori che, attivati e sollecitati dal mediatore hanno avuto
la possibilità di confrontarsi liberamente, impegnandosi in una analisi
più realistica della situazione e nella ricerca di strategie per risolverla
insieme, anche attraverso la sperimentazione di nuovi e più funzionali
modelli di relazione reciproca.

Antonio quindi è attualmente iscritto nella quarta elementare della
sua scuola d’appartenenza: appare al momento più tranquillo perché forse
consapevole che gli adulti che si stanno occupando di lui lo fanno adesso parlando
un linguaggio condiviso, e cercando di organizzare per lui un programma unico
di interventi che ha già dato i primi risultati soddisfacenti.

«Comunicazione», «risorse», «gestione dei conflitti», «cooperazione»,
sono tra le parole chiave che hanno caratterizzato la nostra esperienza, che
ha attirato su di sé una grande attenzione da parte di molti professionisti
e istituzioni operanti sul territorio, che hanno pian piano cominciato a vedere
nella pratica della mediazione non certo la panacea a tutti i mali della famiglia
o della comunità, ma una valida occasione di elaborazione costruttiva
del conflitto.

Le attività di consulenza e mediazione familiare necessitano quindi
di attenzioni ed energie adeguate nei servizi territoriali che si interessano
del benessere della famiglia o dei soggetti in età evolutiva, in quanto
prevedono il coinvolgimento e il potenziamento di diverse competenze, molte
di queste già operanti sul territorio, con le quali programmare
interventi di rete per la cura e la prevenzione del disagio (AA.VV. 1988).


Bibliografia


  • AA.VV.: School and community mediation combined? Mediation June 1988

  • Andolfi M.: Il colloquio relazionale - Accademia di Psicoterapia della
    famiglia - 1994

  • Ardone R., Mazzoni S.: La mediazione familiare. Per una rinegoziazione
    della conflittualità nella separazione e nel divorzio - Giuffrè -
    1994

  • Bateson G.: Mente e natura - Adelphi - 1984

  • Bateson G., Bateson M.C.: Dove gli angeli esitano - Adelphi - 1995

  • Bertalanffy L.von: Teoria generale dei sistemi - Mondadori - 1983

  • Cancrini L.: Bambini “diversi” a scuola Boringhieri 1984

  • Cancrini L.: W Palermo viva. Storia di un progetto di prevenzione di
    tossicodipendenze. La Nuova Italia Scientifica 1994.

  • Castelli S.: La mediazione -Raffaello Cortina - 1996

  • Carroll L.: Alice nel paese delle meraviglie - Mondadori - 1994

  • Erikson S.K., McKnigh M.S.: Divorce mediation training manual - Erikson
    Institute – 1994

  • Folberg J. et Milne A.: Divorce mediation: Theory and Practice Guilford
    Press 1988

  • Haynes J.M., Buzzi I.: Introduzione alla mediazione familiare - Giuffrè -
    1996

  • Menafro M.: Appunti del Corso di Mediazione Familiare dell’ITFN
    1998

  • Minuchin S. et Montalvo B.: Techniques for Working with Disoganized Low
    Socioeconomic Families Am. J. Orthopsychiat. 1967

  • Morin E.: Introduzione al pensiero complesso. Sperling & Kupfer 1993

  • Ruggiero G.: Il conflitto familiare: dalla valutazione al processo di
    mediazione - Animazione sociale - Maggio 1997

  • Scabini E.: L’organizzazione famiglia tra crisi e sviluppo - Franco
    Angeli 1995

  • Six J.F. Le temps des mediateurs. Seuil Paris 1990

  • Smrekar C.: The missing link in school-linked social service programs.
    Educational Evaluation &Policy Analysis 1994

  • Watzlawick P., Beavin J.H. et Jackson D.D.: Pragmatica della Comunicazione
    Umana Astrolabio 1971