venerdì 6 aprile 2007

LE PAROLE PER DIRE “ESISTI” - GENITORI ADOTTIVI =

Giovanna Lonardi

Allieva Didatta A.I.M.S. Istituto Veneto di Terapia Familiare Sede di Verona


Dove e come nasce l’esperienza
I contenuti riportati sono tratti dalle narrazioni spontanee effettuate durante un percorso di formazione fatto con un Gruppo di Genitori Adottivi appartenenti al Movimento Gruppi Famiglia ONLUS di Verona e sono stati proposti a due diversi gruppi di coppie in attesa di adozione.
Il gruppo è costituito da circa 22/24 persone che da alcuni anni si incontrano una volta al mese per discutere ed approfondire problematiche relazionali educative e di coppia.
Il Movimento Gruppi Famiglia è un’associazione di volontari che da oltre 25 anni promuove formazione e sostegno alle coppie affidatarie e adottive.
Alcune esperienze riportate durante i 4 anni di percorso hanno posto in evidenza come uno dei punti cruciali dell’adozione sia il momento dell’incontro in cui la coppia e il/la futuro figlio/a si vedono, si annusano, hanno modo di ‘scegliersi’. I genitori riportavano anche dopo anni le tensioni affrontate in quel momento e la delusione nel sentirsi impreparati, incapaci di far fronte alle problematiche aggiunta all’arrabbiatura contro i servizi e le associazioni per non essere stati informati, supportati sufficientemente.
Per i genitori (80%) che avevano adottato bambini/e stranieri/e il momento dell’incontro e il periodo di conoscenza veniva riportato carico di apprensione, turbamento e ansia dovuti a:
- il sentirsi sconosciuto
- l’impatto tra ciò che si era fantasticato con ciò che si aveva di fronte
- l’esigenza di farsi capire
- il pianto disperato, apparentemente immotivato, dei più piccoli durante le uscite
- il bisogno di ‘amalgamare’ nel più breve tempo possibile in modo da tornare in Italia già ‘famiglia’


Che cosa è possibile fare?
Questa era la domanda che sempre accompagnava la fine dei racconti.
Ci siamo soffermati ad esaminare quanto era stato riportato negli anni ed è apparso chiaro che le problematiche venivano viste solo dalla parte degli adulti, nessuno accennava spontaneamente e in alcun modo al possibile ‘punto di vista’ dei bambini. Il fatto che qualcuno andasse fino là, carico di affetto da dare e li portasse via da situazioni talvolta abbiette sembrava più che sufficiente per il loro benessere.
Gli attori dell’adozione erano solo gli adulti.
L’emergere di questo sbilanciamento verso l’adulto, la poca attenzione riservata alle emozioni dei piccoli, il fatto che questo momento venisse riportato come importante, fondamentale, precursore di future problematiche ha portato il gruppo a riflettere su che cosa suggerire a chi voleva adottare e a chi supportava e accompagnava le coppie nel percorso pre-adottivo.
Nel cercare di identificare un elemento di mediazione possibile che nelle adozioni internazionali riconoscesse il/la bambino/a si è pensato alla lingua e all’identificazione di parole da imparare e da usare nel corso dei primi incontri.


Lo sfondo teorico
Qui di seguito sono riportati alcuni concetti teorici di sfondo




  • L’adozione è un evento critico che si pone tra un ‘prima e un dopo. Il ‘prima’ è assai diverso tra i soggetti coinvolti, il ‘dopo’ può essere condiviso.


  • Il ‘prima’ agisce potentemente in ogni membro e negarlo non fa che rinforzare le reciproche fantasie di rifiuto. L’esperienza del figlio adottato proveniente da un altro paese è di fatto un’esperienza legata al vivere ‘tra due’: due paesi, due culture. (Francini, 2001)


  • L’approccio relazionale permette di inquadrare l’evento adozione in una storia il cui intreccio costituisce la struttura emotiva della famiglia.


  • La cultura è un insieme di linee guida... Che gli individui ereditano come membri di una società particolare e che indica loro come ‘vedere il mondo’, come sperimentarlo sul piano affettivo e come ‘comportarsi’ in relazione ad altre persone, alle forze soprannaturali o agli dei o all’ambiente naturale (Helman)


  • Essere adottati significa guadagnare e perdere: guadagnare nel sentirsi voluto e accettato, perdere i punti di riferimento, le abitudini, le consuetudini conosciute, significa perdere la propria lingua, i propri pensieri… (Dell’Antonio)


  • L’evento primo incontro è fondamentale nel ciclo vitale della famiglia, è legato al processo di attaccamento e la sintonizzazione è essenziale perché esso si avvii


  • Il processo di mediazione in una famiglia adottiva è lo sfondo necessario per porre in atto il patto adottivo: a chi lo sforzo di mediare?


  • Il linguaggio come elemento di mediazione: i gesti e le parole sono contenuti denotativi del rapporto ed esprimono ciò che si è, la propria cultura di appartenenza, i propri desideri del momento.




Le parole scelte
‘... forse permettono di trovare la frontiera scomparsa, quella che ci permette di entrare nei territori della felicità...’


Con il gruppo di genitori adottivi sono stati individuati attraverso l’analisi dei ricordi e alcuni role-playing:
- gli stati d’animo presenti nei genitori al momento dell’incontro
- le emozioni, i sentimenti, le manifestazione dei bambini e delle bambine che ponevano in apprensione la coppia
- i dolori fisici, i malesseri maggiormente manifestati dai minori
- le parole maggiormente utilizzate nell’esprimersi


Sono state scelte le parole giudicate importanti da tutti e sono state suddivise in categorie:
- saluto: ciao, mi chiamo/sono, buongiorno, buonanotte, a domani
- fisico: testa, pancia, gambe, mano, male, bene, sonno, fame, sete, cacca, pipì
- azioni: mangiare, bere, dormire, giocare, correre, dare la mano, piangere, ridere
- stati d’animo:gioia, piacere, paura tristezza, malinconia, nostalgia
- cibo: piatto tipico del posto, frutta, carne, formaggio, dolce, pane, pasta
- si, no, bacio
Imparare nella lingua del bambino alcune parole permette un processo di visione del/lla futuro figlio/a come soggetto ‘con’: una storia, una cultura, una identità e non solo come un soggetto ‘senza’: genitori, affetti, giocattoli, vestiti, cibo, casa….
Si ha anche l’opportunità di prendere consapevolezza degli innumerevoli significati che ha per ciascuno l’attraversare una frontiera e trovarsi ‘tra’ due posti, due culture. Si assume come genitori più facilmente il compito di mediazione linguistico culturale e di mediazione con le istituzioni e gli altri famigliari senza delegare completamente al bambino/a il compito di fare sempre il traduttore di se stesso.
Modalità di proposta individuate e attuate con genitori in attesa di adozione.


Di estrema importanza è non gravare le coppie in attesa di adozione di ulteriori compiti: si sentono spesso oberati dalle richieste che vengono loro fatte dai servizi e dalle tensioni che vivono nel contesto famigliare allargato. Richiedere loro di imparare parole di un’altra lingua quando non hanno mai nemmeno sperimentato come turisti quanto possa essere utile conoscere poche parole legate alla sopravvivenza, può risultare inutile.
La modalità individuata fa riferimento alla strategia dei gruppi posti in situazione:
- “come mi sono sentito/a da piccolo/a quando ho affrontato da solo/a una nuova esperienza”
- rilevazione degli stati d’animo
- rilevazione/analisi dei bisogni
- rilevazione/analisi delle aspettative rispetto agli adulti
- rilevazione/analisi di ciò che ti fa sentire riconosciuto
- “come potrebbe sentirsi un/a bambino/a quando qualcuno gli dice: ‘tra un po’ vedrai i tuoi nuovi genitori ed andrai via con loro’”?
- proposta delle ‘parole per dire esisti’
- suggerimenti per facilitarne l’apprendimento


Alcune di queste coppie sono tornate dopo aver adottato dicendo di aver fatto quello che era stato proposto e di essere consapevoli dello sforzo che i loro figli/e stanno affrontando per imparare la lingua e i modi di fare della nostra cultura.


Conclusioni
L’esperienza fatta ha permesso di coniugare le tematiche della mediazione con le problematiche dell’adozione internazionale partendo dall’agito e da ciò che ognuno riportava come importante e fondamentale per il processo della costruzione del patto adottivo.
Inoltre il conoscere alcune parole della lingua d’origine del/lla bambino/a rende leggibile il farsi accogliente del genitore e l’essere riconosciuto dal figlio: infatti non è la quantità di parole conosciute che è importante ma lo ‘sforzo’ fatto per impararle.
Non da ultimo risulta importante per il genitore rendersi conto che nell’approccio con l’altro l’amore inteso come sentimento provato non basta, deve essere riempito di azioni di contenuto significative per chi lo riceve.